Ristrutturazione dei debiti: limiti per chi ha avuto attività imprenditoriale

Ristrutturazione dei debiti: limiti per chi ha avuto attività imprenditoriale

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Nel panorama giuridico italiano, la ristrutturazione dei debiti rappresenta un’opzione fondamentale per coloro che si trovano in difficoltà finanziarie. Tuttavia, non tutti possono accedere a questa soluzione, soprattutto se in passato hanno svolto un’attività imprenditoriale. Una recente decisione della Corte d’Appello di Bologna ha chiarito ulteriormente questo aspetto.

Il caso alla Corte d’Appello di Bologna

La Corte d’Appello di Bologna, con una sentenza datata 21 giugno 2023, ha preso in esame un caso particolare. Un consumatore aveva presentato una domanda di omologazione di un piano di ristrutturazione dei debiti, cercando di ottenere un sollievo dalla sua situazione debitoria. Tuttavia, la sua richiesta era stata inizialmente accolta dal Tribunale di Reggio Emilia, ma successivamente rigettata dalla Corte d’Appello.

Il motivo? Il debitore aveva un passivo “promiscuo”, ovvero una parte dei suoi debiti derivava da una precedente attività imprenditoriale. Questo dettaglio ha giocato un ruolo cruciale nella decisione della Corte.

La definizione di “consumatore”

L’art. 2, primo comma, lettera e) del CCII fornisce una chiara definizione di “consumatore”: si tratta di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale. La Corte ha sottolineato che non può essere considerato consumatore chi, in passato, ha svolto un’attività imprenditoriale, anche se al momento non la svolge più.

Un punto fondamentale è che, se un’obbligazione è stata assunta per scopi legati all’attività d’impresa, essa mantiene questa natura anche se l’imprenditore decide di cessare l’attività. La finalità imprenditoriale del debito rimane immutata.

Le implicazioni della decisione

La Corte ha evidenziato un aspetto cruciale: se un debitore ha obbligazioni non strettamente legate al consumo, non può beneficiare della ristrutturazione dei debiti attraverso l’omologa del piano. Questo perché, se fosse permesso, potrebbe aprire la porta a possibili abusi.

Ad esempio, un piccolo imprenditore potrebbe, teoricamente, optare per un piano di ristrutturazione dei debiti invece di un concordato, cercando di risolvere la propria crisi finanziaria. Ancora più preoccupante, un commerciante potrebbe decidere di cessare temporaneamente la propria attività, per poi riprenderla una volta ottenuta l’omologazione, beneficiando così della ristrutturazione del proprio debito.

La tutela dei creditori

La Corte ha sottolineato l’importanza di proteggere i diritti dei creditori in questi casi. Se il passivo da ristrutturare è “promiscuo”, i creditori devono avere la possibilità di esprimere il loro voto, potendo così rifiutare la proposta del debitore. Questo diritto di voto è essenziale per garantire che i creditori possano avere una voce attiva nel processo.

Nel piano del consumatore, tuttavia, questa opzione non è disponibile. Questo piano è riservato esclusivamente ai debiti contratti dal consumatore che non hanno nulla a che fare con un’attività imprenditoriale o professionale.

Conclusione

La sentenza della Corte d’Appello di Bologna ha chiarito ulteriormente i confini tra i diritti dei debitori e la protezione dei creditori. Mentre la ristrutturazione dei debiti può offrire un salvagente a molti che si trovano in difficoltà finanziarie, è essenziale che il sistema non venga abusato e che i diritti dei creditori vengano sempre rispettati.

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