Se un creditore è irreperibile, che fine fanno i suoi soldi?

Se un creditore è irreperibile, che fine fanno i suoi soldi?

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Quando un creditore diventa irreperibile, la destinazione delle somme a lui dovute diventa un dilemma giuridico. La normativa vigente, rappresentata dal combinato disposto dell’art. 117, ora trasformato nell’art. 232 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, e dell’art. 2 del d.l. 143/2008, stabilisce che, dopo 5 anni dal deposito, le somme destinate ai creditori irreperibili nel contesto del fallimento (o liquidazione giudiziale) vengano devolute al Fondo Unico Giustizia. Ma questa regola vale anche per altre procedure concorsuali?

Il dilemma del Tribunale di Verona

Il quesito è stato sollevato da un dirigente amministrativo del Tribunale di Verona, che ha evidenziato una possibile ambiguità nella normativa. Infatti, il d.l. n. 143/2008 fa riferimento esclusivamente alla procedura fallimentare, citando l’art. 117. Quest’ultimo, ora rappresentato dall’art. 232 CCII, stabilisce che le somme non riscosse dai creditori irreperibili, dopo cinque anni dal deposito, vengano versate al bilancio dello Stato, a meno che non siano espressamente richieste da altri creditori non soddisfatti.

La questione fondamentale è: questa norma può essere estesa anche ad altre procedure concorsuali, diverse dal fallimento?

L’interpretazione del Ministero della Giustizia

Il Ministero della Giustizia, interpellato sulla questione, ha suggerito che la decisione dovrebbe essere lasciata al giudizio del singolo magistrato. La Cassazione, in una sentenza del 28.02.2020, ha affrontato la questione, ritenendo possibile la devoluzione delle somme allo Stato per le procedure concorsuali cui sia applicabile l’art. 117 l.f.

In sostanza, la scelta tra un’interpretazione letterale e un’applicazione estensiva della norma spetta al giudice. La cancelleria, quindi, dovrà eseguire la decisione del magistrato, indipendentemente dalla sua natura, riguardo alla devoluzione delle somme relative ai creditori irreperibili o non reclamate per oltre cinque anni.

L’importanza della comunicazione nella nuova normativa

Con l’introduzione del Codice della Crisi, è stato introdotto un ulteriore elemento di chiarezza per i creditori. Il curatore, al momento dell’apertura della procedura, ha il dovere di comunicare ai creditori non solo l’inizio della procedura stessa, ma anche la possibilità di richiedere l’assegnazione delle somme non riscosse da coloro che hanno diritto a riceverle, come previsto dall’articolo 232, comma 4. Questa comunicazione ha lo scopo di garantire che i creditori siano pienamente informati dei loro diritti e delle procedure da seguire.

È interessante notare che la richiesta di assegnazione delle somme può essere inserita direttamente nella domanda di ammissione al passivo. Questo semplifica ulteriormente il processo per i creditori e garantisce che siano presi in considerazione nel caso in cui le somme non vengano riscosse entro il periodo di cinque anni.

Riflessioni finali: un equilibrio tra diritti e doveri

La questione delle somme dovute ai creditori irreperibili evidenzia l’importanza di un equilibrio tra i diritti dei creditori e le necessità procedurali. Da un lato, è fondamentale garantire che i creditori abbiano accesso ai fondi che gli spettano. Dall’altro, è essenziale che le procedure concorsuali possano procedere in modo efficiente e senza ostacoli.

La normativa attuale, pur presentando alcune ambiguità, cerca di raggiungere questo equilibrio. Tuttavia, come sempre in materia giuridica, l’interpretazione e l’applicazione delle norme possono variare a seconda dei casi specifici. Pertanto, sia i creditori che i curatori farebbero bene a informarsi e a prepararsi adeguatamente, per garantire che i diritti di tutte le parti coinvolte siano rispettati.

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